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L'elaborazione delle diverse esercitazioni che mi hanno impegnato nella prima parte del lavoro inerente il primo progetto, sono riconducibili a quanto spiegato successivamente.
Quello che invece era importante sottolineare è la funzione delle prime due esercitazioni, che solo adesso, a distanza di più di un mese e mezzo, riconosco immediatamente: ossia quella di abituarci alla trasformazione, a non basarci su ciò che è, ma su ciò che potrebbe essere.
E questo, in particolar modo, ha spronato la mia immaginazione e la mia creatività , fin dall'inizio.
Partendo come si vede nell'immagine sottostante dallo "scavo" di un cubo, secondo elementi longitudinali verticali che ne hanno definito una struttura mutevole e imperscrutabile.
Poi, e qui sta il cosiddetto nocciolo del discorso, la trasformazione.
L'invenzione del diverso, la ricerca dell'imprevedibile.
Ero partito con l'idea di fare qualcosa di assolutamente diverso dagli altri, e ora più che prima mi si presentava l'occasione istantaneamente, pronta e subitanea.
Ho percorso la tridimensionalità del disegno per riuscire a trovare una soluzione che rispecchiasse l'idea prima di decristallizazione rispetto alla solidità e alla determinazione della prima esercitazione.
Così il rigido è divenuto mobile, applicando una traslazione dei piani superiori (ho immaginato il tutto diviso in due parti), e applicando una specchiatura degli stessi rispetto al loro centro di gravità (per non alterarne idealmente la stabilità , a mio parere necessaria).
Ecco che poi l'inserimento della scala ha contribuito a dare un nuovo stimolo all'elaborazione, ponendo l'accento sul tema del collegamento e sull'idea di rapporto di dipendenza tra le parti.
Ecco l'esempio di cui sopra
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Luigi Erbacci
