PAOLO BASELICE_1
Nella prima esercitazione ci è stato richiesto di utilizzare il rapporto 0.618 in un volume le cui dimensioni sono in proporzione 3,4 e 5 e operare 5 processi di trasformazione progressivi in modo tale da rendere “più armonico†l'evento iniziale.
Dal volume parallelepipedo iniziale ho incominciato col sottrarre un prisma le cui dimensioni corrispondevano alla parte aurea di ogni faccia delle solido iniziale.
Ho poi preso il solido che avevo sottratto e ne ho fatto tre copie ottenute scalando questo solido di un fattore 1/3, 1/4, 1/5 (che sono i reciproci delle dimensioni del solido di partenza) e ho inserite la più grande nella faccia più piccola, quella intermedi nella faccia con dimensioni intermedie, e la più piccola nella faccia più grande.
Per il posizionamento di queste copie ridotte ho seguito la disposizione aurea mantenendole in asse con gli spigoli del grande foro iniziale e distanziandole dagli spigoli del solido iniziale di un fattore pari alla sezione aurea delle porzioni di spigolo rimanenti dopo la prima sottrazione.
Le linee che ho utilizzato per allineare questi tre nuovi elementi delineavano un quarto solido (aureo per costruzione anch’esso) ho deciso dunque di sottrarre al solido iniziale tutti questi quattro solidi mantenendo però le intersezioni tra questo quarto solido e i precedenti tre.
Poi ho deciso di conservare i tre piccoli solidi della seconda trasformazione posizionandoli però all’esterno del volume principale allontanando ognuno della lunghezza del segmento aureo delle rispettive dimensioni del solido di partenza.
L’ultima trasformazione che ho attuato è il cambiamento del colore adottando un colore azzurro ma trasparente e evanescente, più o meno opaco/trasparente o denso/evanescente a seconda del punto di vista in cui lo si guarda, il tutto per rendere l’evento ancora più aureo(e quindi armonico) non in senso proporzionale/spaziale ma visivo.
Nella seconda esercitazione ci è stato chiesto di definire le impressioni che avevamo guardando tre quadri proposti (uno di Giorgione, uno di El Greco e l’ultimo di Van Gogh). Questo esercizio ci ha aiutato a prendere confidenza con il nostro immaginifico e a esprimerlo .
La similitudine da me trovata è:
“Come un urna di vetro con all’interno del fumoâ€
Come terzo passo ci è stato chiesto di individuare una poesia(o più di una), un testo di una canzone, uno scritto che appartiene al mostro Io, alla nostra memoria.
Questo testo ci ha fatto da primo catalizzatore inteso come strumento che ci aiuta a individuare l’obbiettivo del nostro progetto.
Dal testo abbiamo individuato 3 aggettivi che diventeranno le qualità che definiranno il carattere complesso (perché formato da tre aggettivi) del nostro progetto che in generale sarà l’obbiettivo da raggiungere.
Personalmente come poesia/catalizzatore ho utilizzato una poesia di Ugo Foscolo, A Zacinto, sinceramente non è la prima poesia che mi è venuta in mente ma comunque è una poesia che mi è sempre piaciuta e mentre la ripetevo nella mia mente, soffermandomi sugli aggettivi, ho trovato 3 aggettivi che nel loro insieme mi sono sembrati subito interessanti e che potessero caratterizzare il mio futuro progetto, sempre in un’ottica del tutto soggettiva.
La poesia:
Riprendendo la similitudine della seconda esercitazione, “Come un urna di vetro con all’interno del fumoâ€, ho cercato di rileggerla alla luce dei nuovi aggettivi, operando un esercizio di stratificazione successiva di complessità , che è poi uno degli obbiettivi del processo generativo.
In quest’ottica dunque potrei riassumere così:
El Greco: l’urna (sacro)
Van Gogh: il vetro (limpido)
Giorgione: il fumo (petroso)
I processi associativi sono assolutamente soggettivi e provengono dall’immaginifico del singolo.
Lecco più Lecco di prima vuol dire andare a guardare Lecco con gli occhi del progettista e individuare in essa dei luoghi, edifici, particolari architettonici, materiali, forme e molto altro ancora che caratterizzano fortemente il sito di progetto. Prima di progettare un edificio in Lecco dobbiamo comprendere il linguaggio della città , carpire quelli che secondo noi sono i suoi aspetti più interessanti e rappresentativi rileggendoli alla luce del carattere che vogliamo dare al nostro progetto.
Si tratta di interpretare la città , secondo una prospettiva soggettiva, dal nostro punto di vista e scegliere, in una possibile dinamica di sviluppo della città , quali sono secondo noi i caratteri da prediligere (sono caratteri che già esistono nella città ma che devono essere amplificati per ottenere nel mio caso una “Lecco più sacra, limpida e petrosaâ€).
Guardare Lecco in maniera fortemente soggettiva individuando piccoli aspetti che dal nostro punto di vista, amplificati, potranno incrementare la sua identità , questo è quello che ci viene chiesto.
Nella mia “passeggiata†per Lecco l’ho probabilmente visitata per la prima volta, ci sono cose che ho sempre visto a Lecco (andandoci a scuola da dieci anni) ma non ho mai guardato, le cose più interessanti le ho trovate nella via dietro l’università o in luoghi dove sono passato un numero inquantificabile di volte.
Ho visto che la città ha molte corti che si aprono ai lati delle strade grazie a piccoli vani o dietro a grandi portoni, passando davanti ai quali i pedoni, incuranti, non sembrano sospettarne nemmeno l’esistenza. In centro, attorno alle piazze e strade principali, ci sono una costellazione di piccole stradine e rampe dalle quali si sviluppano piccoli cortili o spiazzi tra le case. Il raccoglimento e il silenzio che regna spesso in questi ambienti mi ha trasmesso una sensazione di sacro.
C’è un edificio dietro il politecnico in M. d’Oggiono, con un ampia corte interna con un giardino, conosco bene il suo portico davanti al quale sono passato molte volte, ma non mi ricordavo più come era la facciata: e rivestita con una pietra rosata in cui sono scavate delle finestre lunghe e strette che nella parte alta dell’edificio si protendono verso l’esterno seguendo uno schema regolare come se fossero gradoni di vetro messi in verticale. Il contrasto tra pietra e vetro attraverso geometrie nette e angoli retti raffigura lo scontro tra il petroso e il limpido, tra la chiusura della cortina liscia di pietra (petroso) e la volontà dei solidi puri delle vetrate di mostrarsi protendendosi verso l’esterno come se una pressione interna li spingesse di una quantità esatta, non casuale, limpida nel suo formalismo geometrico.
Non ho trovato nulla di più sacro, limpido e petroso a lecco del monumento ai caduti in riva al lago.
Semplice spiegare come collegare questi attributi al monumento: sacro per il suo significato di icona, limpido per la sua collocazione, petroso per il materiale in cui è fatta.
Ma la scelta della stele come espressione del mio carattere progettuale non è fondata solo su questi aspetti: per me è sacro il modo in cui si erge e il modo in cui la struttura geometrica si trasforma in forma antropomorfa; è limpido per la successione di lastre crescenti che addossate compongono la stele e per la loro regolarità nelle forme; è petroso nella sua solennità , nell’affermazione della sua esistenza, silenziosa ma imponente.
Il catalizzatore è il motore della crescita di complessità , serve a dare il via al vero e proprio progetto, può essere qualsiasi cosa: un’ immagine, una foto, un oggetto, un animale, una canzone, la struttura organizzativa di un libro, ecc.
È un elemento che crea un disequilibrio rispetto alla situazione di equilibrio iniziale, in questo senso è la causa delle dinamiche di trasformazione che verranno adottate in seguito nel processo generativo, nel tentativo di stabilire un nuovo ordine.
Alla fine del nostro progetto il catalizzatore non deve essere più riconoscibile (se non da noi stessi) all’interno della nostra opera.
Questo strumento ci aiuta a definire delle logiche di relazione tra i vari eventi del nostro progetto, contribuisce cioè alla definizione di un paradigma organizzativo del progetto.
Il paradigma è la struttura di rapporti tra gli elementi che compongono il progetto, è una struttura organizzativa che ci permette di controllare il carattere del nostro progetto, definendo delle logiche di relazione tra i vari eventi del progetto. Per eventi si intendono non solo gli ambienti dell’abitazione (cucina, soggiorno, ecc.) ma anche particolari elementi che costituiscono l’abitazione (ingresso, camino, letto, lampadario, ecc.).
Esistono due tipi di paradigmi:
PARADIGMA INDIZIARIO: proviene dal catalizzatore, è abbastanza semplice, è la prima struttura organizzativa del progetto contiene gli elementi/eventi fondamentali, quelli secondo noi più importanti e significativi.
PARADIGMA ORGANIZZATIVO: proviene dal paradigma indiziario e ne rappresenta un’evoluzione. In questo paradigma vengono contemplati quasi tutti gli eventi che faranno parte della nostra abitazione, indicandone i relativi caratteri (aggettivi). Esso ha la funzione di strumento che ci aiuti a definire le dinamiche di aumento di complessità .
Alla luce di questi concetti, come mio catalizzatore ho individuato l’evento della mia prima esercitazione (seguendo il principio che in un processo generativo “non si butta via nienteâ€).
Mi sono accorto che l’oggetto della mia prima esercitazione rispecchiava pienamente anche gli aggettivi che successivamente avevo scelto per definire il mio obbiettivo. In questo senso il colore del mio solido mi trasmetteva l’idea di limpido, l’utilizzo di forme geometriche precise e la solidità della mia composizione mi rimandavano all’aggettivo petroso, mentre la disposizione dei tre prismi sospesi (come se levitassero) attorno al nucleo centrale e il grande buco all’interno di esso sapevano di sacro.
Guardando il mio catalizzatore le cose che vedevo immediatamente erano il grande vano centrale e i tre prismi galleggianti attorno a esso, tutto il resto sembrava sfuocare o comunque veniva letto solo in un secondo momento dal mio occhio. In seguito mi sono accorto che queste sono gli elementi ottenuti con maggior chiarezza attraverso l’uso della sezione aurea e in qualche modo sono tutti sottomultipli del solido di partenza.
Mi sono dunque concentrato su questi elementi è mi è sembrato di vedere un elemento centrale intorno al quale ruotassero degli altri elementi, che nella mia mente ho associato a un sistema di pianeti o sfere magnetiche che si attraggono l’uno con l’altro.
Ho trovato così il mio primo paradigma indiziario:
Da cui poi ho sviluppato il mio paradigma organizzativo:
A questo punto del processo generativo è necessaria una verifica spaziale e dimensionale di ciò che stiamo facendo, definendo visivamente le relazioni geometriche/spaziali e organizzative/distributive tra gli ambienti/eventi del nostro progetto.
Questa fase viene chiamata VERIFICA DI CONGRUENZA che consiste in uno schema volumetrico del progetto e delle relazioni tra i volumi.
Nel mio schema volumetrico mi sono affidato ancora una volta alla sezione aurea definendo le dimensioni e i rapporti tra i vari volumi basandomi sulla dimensione della corte quadrata esterna (pianeta centrale attorno al quale ruotano gli altri) che è aperta su due lati mentre gli elementi che la chiudono sugli altri due sono lunghi quanto il segmento aureo del lato della corte. Da qui tutti gli ambienti hanno dimensioni basate su lunghezze auree fisse che si possono sempre ricondurre alle dimensioni della corte esterna.
Occorre ora definire delle logiche di trasformazione per modellare i volumi appena definiti in modo da ottenere quegli obbiettivi che ci eravamo prefissati all’inizio del processo.
Questa è la fase più importante dal punto di vista progettuale e per portarla a buon fine occorre prima di tutto stabilire delle regole di trasformazione fisse che ci aiutino in questo compito. Le regole verranno raggruppate a seconda dell’aggettivo a cui si riferiscono:
REGOLA DELLA SEZIONE AUREA: Ciò che è sacro è anche armonico. Tutto ciò che utilizza la sezione aurea nel modo corretto rappresenta il tentativo di raggiungere qualche cosa di perfetto che trasmetta questa idea di perfezione armonica anche a chi lo guarda.
- L’esempio storico di questa tecnica è il Partenone.
-Questa regola può essere utilizzata per il dimensionamento degli ambienti di un edificio, ma anche per il dimensionamento e la disposizione di qualsiasi elemento che faccia parte del nostro progetto.
-Regola: utilizzare il rapporto 0.618 e le proporzioni 3,4,5 per trovare dei sottomultipli di una lunghezza base fondamentale a cui riferire le dimensioni di tutti gli altri elementi del sistema.
REGOLA DEL TAGLIO DELL’ANGOLO: per Palladio uno degli elementi più critici di un edificio erano gli angoli o spigoli, erano infatti i punti più sollecitati e che quindi dovevano essere maggiormente rafforzati. La privazione dell’elemento d’angolo suscita ammirazione e stupore, in questo modo la composizione acquista sacralità .
-Innumerevoli sono gli esempi di tale tecnica che si possono ritrovare nell’architettura moderna ma sono riuscito a trovarne un esempio anche a Lecco.
-Questa regola definisce un’alternativa per “girare l’angolo†(eliminandolo!)
-Regola: eliminare lo spigolo posizionando una vetrata, d’angolo privando idealmente l’edificio della sua fine, per il dimensionamento della vetrata si può ricorrere alla regola precedente. È preferibile che questa regola venga applicata solo una volta all’interno di un progetto per sottolinearne l’eccezionalità , a tal fine scegliere con cura il punto dove utilizzarla.
REGOLA DELL’IMPERFEZIONE: ciò che è sacro non è di per sé tutto ciò che è divino, ma è tutto ciò che ci rimanda a divino, in natura nulla è perfetto ma tuttavia molte cose ci sembrano tali anche nella loro imperfezione, è dunque l’imperfezione che genera la perfezione.
-questa regola mi è venuta in mente osservando alcuni giochi geometrici nella Quinta do Lago, Algarve,di Eduardo Souto Moura
-“come si bucaâ€, “come si relazionanoâ€, “come si dispongonoâ€.
-Regola: definire uno schema regolare e simmetrico di forme geometriche facilmente riconoscibili che si ripetono sempre nello stesso modo e introdurre in questo schema un elemento di discontinuità , di cambiamento, di eccezione. Più l’eccezione è rara maggiore è l’effetto sacro ottenuto.
REGOLA DELL’ELICOIDALE: secondo Bruno Zevi l’elicoidale è il simbolo dell’ascendere, del distacco, è quindi ricollegabile al sacro.
-esempio in architettura è la scala elicoidale vicino al cortile del Belvedere del Bramante o quella nella casa Saltzman di Meier, o qualsiasi scala a chiocciola.
-“come si saleâ€, “come finisceâ€.
-Regola: utilizzare un elemento elicoidale per unire due piani o elementi .
REGOLA DELLA STELE: la stele è un elemento commemorativo e simbolico, è un rimando a qualche cosa che c’è ma non si vede. Sono steli le lapidi nei cimiteri, molti monumenti commemorativi, ma anche le antiche pietre miliari poste ai lati delle strade dai Romani.
La stele è stata sempre utilizzata per simboleggiare qualche cosa e anche chi non conosca questo significato sa comunque che essa ne ha uno, per questo motivo questo oggetto conferisce sacralità al luogo in cui viene collocata.
-un esempio è il monumento ai caduti sul lungolago di Lecco.
-“come finisceâ€, “come si delimitaâ€
-Regola: per rendere un luogo sacro posizionare all’interno di esso una stele formata da un unico solido monolitico o da una composizione di solidi possibilmente di forma uguale di dimensione decrescente secondo la regola della sezione aurea. La stele deve essere messa in evidenza incorniciandola visivamente attraverso l’uso di archi, porte, vani, giochi prospettici. Può essere utilizzata anche per delimitare un’area.
REGOLA DEI TAGLIO A 60°: per ottenere un elemento limpido bisogna adottare dei tagli netti con un’inclinazione stabilita di 60° che definiscono una pulizia e limpidezza nella forma, creano una superficie perfetta per far scorrere sopra l’acqua.
-Ho trovato esempi di questa tecnica anche a Lecco.
-La regola può essere utilizzata per definire il coronamento di un edificio (“come finisceâ€) ma anche per creare i davanzali delle finestre o per scavarle all’interno della parete. Con questa tecnica si possono creare dei lucernari o delle schermature solari ed è preferibile utilizzare questa modalità con materiali come il vetro e la pietra, o entrambi, per rimandare all’idea di un corso d’acqua o di una cascatella.
-Regola: applicare a un solido o parete un taglio con inclinazione di 60 gradi, il taglio può troncare l’elemento oppure ci possono adottare dei tagli a strisce con questa inclinazione (specchiandoli volendo) e componendo una struttura geometrica che crei un effetto chiaroscurale sulla parete e all’interno degli ambienti.
REGOLA DELLA RIPETIZIONE PROGRESSIVA: la progressione a scala di elementi digradanti con spigoli vivi e ben delineati sono la trasposizione in architettura di un raggio di luce che si diffonde in uno specchio d’acqua o la rappresentazione di una serie di saltelli lungo il greto di un torrente.
-esempio sono il monumento ai caduti di Lecco o la facciata dell’edificio in via Cairoli.
-“come si apreâ€, “come si mostraâ€, “come si estendeâ€
-Regola: definire una forma che si ripete più volte all’interno di essa, in questo modo si determinano dei livelli progressivi che scalano o aggettano progressivamente di una stessa quantità fissa.
REGOLA DELLE FORME PURE: un blocco di pietra grezzo ha forme decise e ben definite anche se irregolari, per essere petroso un edificio deve dunque avere forme nette possibilmente elementi geometrici puri.
-il Movimento Moderno è seguace di questa regola, ma essa si può ritrovare anche nei pilastri di alcuni portici di Lecco.
-“come finisceâ€, “come si ergeâ€.
-Regola: fare uso di forme geometriche pure o comunque dalle forme ben definite e semplici.
REGOLA DEL MATERICO: la pietra è il materiale per antonomasia più durevole e resistente, un ogetto per essere petroso deve avere una certa consistenza materica e il suo volume deve essere forato il meno possibile .
-“come si mostraâ€
-Regola: utilizzare materiali duri o che appaiano tali, interrompere il meno possibile la continuità della superficie muraria o utilizzare strutture di rinforzo alla struttura, operare fori di dimensione limitata,se occorre usare vetrate ampie sovradimensionare le strutture portanti per renderle più evidenti.
Al fine di incrementare ulteriormente la complessità del nostro processo progettuale ci è stato richiesto di riscoprire tre immagini/oggetti della nostra infanzia che ci caratterizzino fortemente e di connettere ogni oggetto ad un elemento del paradigma, già caratterizzato dall'aggettivo e poi di individuare di un nesso con il nostro codice soggettivo, traducendo l'impressione di memoria dell'oggetto in logiche di connessione per il progetto.
Le immagini da me scelte sono: le costruzioni lego, un mio disegno di quando avevo otto anni raffigurante una nave e un libro di miti e leggende greche e romane.
Ho attuato queste connessioni:
1-LEGO>CUCINA>PETROSO : la mia cucina è petrosa e i lego sono come pietre da sovrapporre l’una all’altra per costruire una struttura compatta e resistente, come un castello (ho pensato anche di rivisitare un tema che ha molto colpito i miei compagni,quello del bugnato che si trova intorno agli spigoli di molti edifici di Lecco)
2-DISEGNO>STUDIO>LIMPIDO: il mio disegno rappresentava una nave in una tempesta, nella mia logica lo studio-biblioteca era già il locale più spinto all’interno del lago, il luogo dove gli studenti incrementeranno il loro sapere dovrà essere il simbolo di un guardare lontano sempre alla ricerca di nuovi orizzonti. Lo studio dovrà essere in qualche modo una barca o almeno una vela dispiegata ai venti, usando le regole per ottenere un luogo limpido già espresso.
3-LIBRO MITI>INGRESSO>SACRO: sullo sfondo di “Racconti Mitologiciâ€, uno dei libri preferiti da me e mio fratello quando eravamo piccoli (e anche ora), si vede la nave di Ulisse che supera Scilla e Cariddi; ci sono due massi che formano una sorta di portale, da qui l’idea di trasformare l’ingresso dall’abitazione in una maestosa porta, sacra (anche se mostruosa) come lo era quella dello stretto attraversato da Ulisse.
Ora cercherò di riassumere come i vari elementi dell’edificio rispecchiano gli aggettivi a loro legati:
Studio/biblioteca: usa la regola del taglio a 60°, il cono sezionato vuole ricordare la vela di una nave.
Vista dall’interno il grande occhio lascia entrare la luce in modo dirompente rendendo tutto il locale limpido.
Cucina: è petrosa perché composta con blocchi massicci, le finestre sono ottenute “facendo cadere all’interno†dell’edificio alcuni di questi blocchi (che andranno a comporre alcuni arredi) in modo delicato (piccole finestre laterali) o in modo violento (grande finestra sul fondo, le cui dimensioni sono date tramite la sezione aurea).
Scale: ci sono due scale nella struttura, una nello studio e l’altra subito all’ingresso. Sono sacre perché sono gli unici elementi cilindrici all’interno dell’edificio (regola dell’eccezione/imperfezione) e hanno entrambe forma elicoidale.
Soggiorno: è limpido perché è sull’acqua, le sue finestre sono ottenute grazie alla regola della ripetizione progressiva, inoltre il locale è inondato di luce.
Bagno: è petroso perché ha pochissime aperture e tagli, la sua superficie muraria è il più possibile continua.
Corridoio verso cucina: è petroso per gli stessi motivi del bagno inoltre è stretto quindi “petroso†anche nell’attraversarlo.
Camera: è un'unica camera che ospita più letti è limpida per la sua finestra che segue la regola dei 60° ma è anche sacra perché taglia l’angolo (unico caso nella casa).
Ingresso: è sacro perché è monumentale avendo una cornice limpida (regola della ripetizione) che inquadra una stele centrale (regola stele) che non ha funzione di pilastro non toccando l’architrave soprastante.
Corte: è sacra perché è delineata da due steli che idealmente congiunte insieme allo spigolo tra ingresso e bagno delineano la corte stessa (di forma quadrata), essa è dunque invisibile per un passante distratto solo se quest’ultimo si chiederà a cosa servano queste due steli riuscirà a vederla.
Corridoio secondo piano: è limpido e petroso perché i suoi pilastri sono sovradimensionati anche se è quasi interamente vetrato.
Il secondo scenario utilizza le stesse regole del primo ma con esiti differenti, pur raggiungendo gli stessi obbiettivi finali.
L'unica cosa che volevo sottolineare è che in questo secondo scenario lo studio/biblioteca richiama ancora una nave, ma questa volta non la sua vela quanto invece la sua prua.
...work in progress... bye
