Michela Folli 1
Definisco per prima cosa il metodo con cui andrò a operare: lavorando parallelamente su un doppio sistema dinamico, non lineare, composto da memoria attiva e immaginazione, compio una trasformazione generativa. Tale duplice e complesso sentiero è strettamente connesso alla configurazione del DNA: la doppia elica contenente il codice generativo, l’origine.
Inizio la trasformazione: da un volume iniziale arrivo attraverso successivi processi a un evento più armonico, ma non definitivo, in cui i singoli elementi, da me definiti solidi e liquidi, si intersecano l’uno con l’altro formando un unico corpo.
Nella seconda esercitazione opero invece un primo passo interpretativo; osservando tre quadri di tre artisti differenti esplicito in una frase il concetto o sottoinsieme interpretativo che a mio parere connette le tre immagini.
Osservazione:
Fisico e metafisico: una doppia dimensione dove realtà e astrazione sono una riflesso dell’altra.
Due mondi che da sempre convivono ed esistono nello stesso tempo, ma come una doppia elica parallela non si incontreranno mai.
A questo punto fisso come sottosistema dinamico gli obiettivi di progetto, definisco il carattere che l’unità abitativa dovrà avere. Scelgo pertanto tre aggettivi da tre testi evocati dalla mia memoria e connessi alle precedenti immagini; sono gli stessi aggettivi che adducono al progetto una qualità personale e soggettiva.
Testi:
«Per le spalle dell’alato dio ali rugiadose biancheggiano di sfavillante splendore e per quanto le ali fossero ferme, all’estremità tremolano e palpitano piumoline di continuo scherzose.
Il resto del corpo era liscio e bello, che Venere non poteva pentirsi di averlo partorito.»
“Amore e Psiche†Lucio Apuleio
«E siccome le sue labbra semiaperte abbozzavano un mezzo sorriso mi dissi ancora: ecco ciò che mi commuove di più in questo piccolo principe addormentato: è la sua fedeltà a un fiore, è l’immagine di una rosa che risplende in lui come la fiamma di una lampada, anche quando dorme.
E lo pensavo ancora più fragile.»
“Il Piccolo Principe†Antoine de Saint-Exupèry
«Nel cerchio imperfetto del suo universo ottico la perfezione di quel moto oscillatorio formulava promesse che l’irripetibile unicità di ogni singola onda condannava a non essere mantenute.
Non c’era verso di fermare quel continuo avvicendarsi di creazione e distruzione.»
“Oceano mare†Alessandro Baricco
Aggettivi: rugiadose, fragile, oscillatorio.
Connessione con i quadri:
L’aggettivo oscillatorio rimanda all’uomo in primo piano presente nel quadro di Giorgione; il suo pensiero “dondola†in un moto perpetuo di idee.
Nel quadro di Van Gogh il paesaggio appare vibrante, rugiadoso, sembra essere coperto da un sottile strato di acqua.
La fragilità è invece un aggettivo che caratterizza l’angelo dipinto da El Greco, una creatura debole e delicata, ma allo stesso tempo forte della sua fede.
Lecco: città più nautica
L’idea base dal quale il mio progetto ha il suo innesco è lo stretto rapporto che lega Lecco al lago, un’intersezione tra il volume solido della città e il volume liquido del lago. Questo concetto, ripreso dalla prima esercitazione, ricorda anche il tema del doppio, presente nei tre quadri, in particolare si ha un diretto rimando al dipinto di Van Gogh in cui la realtà si specchia nell’acqua. Così anche Lecco e le montagne insieme si riflettono nel lago diventando una realtà unica e indivisibile.
Tale rapporto è lo stesso che l’unità abitativa ha con il lago e che ancora si ripete tra i singoli eventi che costituiscono il paradigma.
L’aspetto nautico della città è il carattere che intendo incrementare.
Identifico quindi il contesto: un affaccio diretto sul lago e la vicinanza di un singolare edificio, la “Società Canottieri Leccoâ€, centro nautico e sportivo fondato nel 1895. L’intento è affiancare a un’architettura già esistente ma tradizionale un evento che possa potenziare il carattere nautico della zona attraverso tecnologie leggere richiamando più esplicitamente la figura dell’imbarcazione a vela.
Scelgo a questo punto il catalizzatore: una barca a vela, dal quale costruisco il codice generativo, struttura di organizzazione del mio progetto. La barca a vela possiede i tre aggettivi da me scelti: una chiglia oscillante, delle vele fragili e leggere e il contatto con l’acqua fresco e rugiadoso.
Schizzo del catalizzatore inserito nel contesto:
Costruisco quindi un primo paradigma indiziario: scelgo alcuni eventi e stabilisco delle relazioni tra loro. La zona giorno è oscillante in quanto caratterizzata da particolari serramenti per i quali ho fatto riferimento a “Casa Carter Tucker†di Sean Godsell. L’ascensore è l’evento eccezione che collega il piano terra al primo piano, la sua struttura è rugiadosa , ho, infatti, pensato alla creazione di un cilindro trasparente costituito da un doppio strato di vetro, all’interno del quale scorre una sottile “pellicola†d’acqua per un effetto simile all’ascensore principale dell’Aquadom di Berlino. Infine il terzo evento è la zona notte, sormontata da una calotta fragile di vetro che, collegandosi alla vetrata presente al piano terra, favorisce un’ampia panoramica del paesaggio circostante: lago, montagne e cielo.
Sviluppo poi il paradigma indiziario in un paradigma organizzativo più complesso, ampliando il numero di eventi e stabilendo logiche di trasformazione per ognuno di essi.
Attribuisco cioè a ogni evento uno dei tre aggettivi da me scelti facendo riferimento a un particolare processo/esempio osservato nella realtà circostante o comunque presente nella mia memoria.
La superficie esterna è fragile in quanto realizzata da listelli di legno che a un primo sguardo ricordano una struttura di grissini; l’angolo gira anch’esso in modo fragile, come due biscotti leggermente accostati tra loro; le bucature dell’edificio si rifanno ai serramenti oscillanti di casa Tucker; il progetto sembra non avere solide fondamenta ma al contrario una base fragile, quasi staccata dal terreno, come una stella marina sul fondo del mare; l’ingresso è ancora una volta oscillante come l’entrata di un ponte levatoio; gli spazi cucina/soggiorno, camera/studio non ho voluto separarli da muri portanti, al contrario, essendo ambienti molto connessi per le loro funzionalità , sono divisi da un sottile strato di vetrocemento che sembra ricordare una cascata rugiadosa; l’ascensore per la sua struttura precedentemente illustrata può essere paragonato al getto di una fontana che si sviluppa nella sua verticalità ; infine la copertura risulta fragile come una bolla di sapone, un sottile strato di vetro che separa dal mondo circostante.
Definisco ora una gerarchia tra gli spazi rappresentando i singoli ambienti attraverso volumi semplici e stilizzati in proporzione tra di loro, verificandone la congruenza volumetrica.
Ottengo quindi una struttura base della mia unità abitativa che potrò modellare e trasformare secondo le regole sopra citate. Il volume base è caratterizzato dai colori con cui rappresento, secondo scelte soggettive, i tre aggettivi, le diverse gradazioni rimandano al differente intensificarsi di tali aggettivi.
Secondo le regole indicate nel paradigma organizzativo trasformo i volumi base del piano terra e del primo piano arrivando a un progetto più armonico, ma non definitivo: un’unità abitativa dello studente oscillante, fragile e rugiadosa.
Infine inserisco il mio progetto nel contesto precedentemente scelto.
Se mi pongo all’interno dell’ascensore, cilindro trasparente che si sviluppa nella sua verticalità , e guardo verso l’alto, colgo un punto di vista che si proietta verso il cielo diventando infinito.
Su entrambi i piani, osservando il paesaggio dalla vetrata, il mio punto di vista si proietta tra lago, montagne e cielo.
La ballerina di danza classica
Il primo elemento che la mia memoria riporta al presente è la danza classica; una disciplina che mi accompagna dall’età di cinque anni, per me la massima espressione di armonia, fragilità e leggerezza. La calotta che chiude l’edificio è fragile ma imponente al tempo stesso in quanto domina dall’alto il paesaggio circostante e comunica con esso grazie alla sua trasparenza, come una ballerina che danzando leggera sul palcoscenico suscita emozioni e alla fine dello spettacolo riceve gli applausi del pubblico.
Il nuoto
Il nuoto è un’altra mia passione, ho molti ricordi di quando da piccola passavo ore a nuotare nel mare. Dal primo tuffo alle immersioni più serie, un elemento l’acqua di cui tutt’ora non potrei fare a meno. L’evento eccezione del paradigma, l’ascensore, sembra collegarsi molto bene a questa espressione di memoria: un corpo rugiadoso che si sviluppa nella sua verticalità , caratterizzato dal continuo movimento dell’acqua che a mio parere è simbolo di freschezza e vitalità .
La maschera
Da piccola molto spesso mi divertivo a indossare vestiti di mia nonna, pellicce, cappellini…ciò che più mi piaceva era poi stare davanti allo specchio e improvvisare piccole recite con le mie amiche. Indossare diverse maschere e interpretare per gioco diversi personaggi rendeva la mia figura oscillante, mutevole e questo mi incuriosiva molto.
Così anche il progetto cambia: una scatola chiusa, costituita da listelli di legno, si trasforma attraverso l’apertura dei serramenti oscillanti in un elemento più complesso e dinamico, acquisendo quindi un duplice aspetto.
